diac. Romano il melode
Santo
* Emesa (attuale Homs, Siria), 490 ?
† Costantinopoli, 556 ?
Ricorrenza: 1 ottobre (9 ottobre Chiesa armena)

Poeta e compositore teologo, le sue notizie biografiche sono costituite sostanzialmente dai sinassari greci i quali attingono da una fonte originale perduta.
Nacque ad Emesa in Siria, da una famiglia non cristiana (ebraica o pagana), ma si convertì al cristianesimo. Trasferitosi a Beirut, ricevette l'ordine diaconale e fu nominato coadiutore nella chiesa della Resurrezione per tre anni. In seguito fu inviato a Costantinopoli, allora sotto l'imperatore Anastasio, presso la chiesa della Madre di Dio nel quartiere di Ciro. Qui compose un migliaio d'inni religiosi, perfezionando il contacio. Il sinassario riporta che la sua capacità di scrivere inni sacri fosse dovuta ad una grazia particolare della Madonna. Questa gli sarebbe apparsa in sogno nella sera del Natale di Cristo e lui, l'indomani, avrebbe improvvisato il suo primo inno, dedicato proprio alla Natività. Il suo più popolare inno mariano è quello dedicato al lamento della Theotòkos ai piedi della croce.
Papa Benedetto XVI ha parlato di lui nell'Udienza Generale del 21 aprile 2008: «Appartiene alla grande schiera dei teologi che hanno trasformato la teologia in poesia. [...] Umanità palpitante, ardore di fede, profonda umiltà pervadono i canti di Romano il Melode. Questo grande poeta e compositore ci ricorda tutto il tesoro della cultura cristiana, nata dalla fede, nata dal cuore che si è incontrato con Cristo, con il Figlio di Dio. Da questo contatto del cuore con la Veritò che è Amore nasce la cultura, è nata tutta la grande cultura cristiana. E se la fede rimane viva, anche quest'eredità culturale non diventa una cosa morta, ma rimane viva e presente. Le icone parlano anche oggi al cuore dei credenti, non sono cose del passato. Le cattedrali non sono monumenti medievali, ma case di vita, dove ci sentiamo "a casa": incontriamo Dio e ci incontriamo gli uni con gli altri. Neanche la grande musica - il gregoriano o Bach o Mozart - è cosa del passato, ma vive della vitalità della liturgia e della nostra fede. Se la fede è viva, la cultura cristiana non diventa "passato", ma rimane viva e presente. E se la fede è viva, anche oggi possiamo rispondere all'imperativo che si ripete sempre di nuovo nei Salmi: "Cantate al Signore un canto nuovo". Creatività, innovazione, canto nuovo, cultura nuova e presenza di tutta l'eredità culturale nella vitalità della fede non si escludono, ma sono un'unica realtà; sono presenza della bellezza di Dio e della gioia di essere figli suoi». (ldn)

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