diac. Arsenio l'Eremita
Santo
* Roma, 354 ?
† Troe (Egitto), 450 ?
Ricorrenza: 19 luglio

Nato a Roma, intorno al 354, faceva parte della nobile famiglia senatoria dei Surculi e, da un'antica tradizione, apprendiamo che fu ordinato diacono dal papa Damaso (+ 384). Nel 383 si recò a Costantinopoli, su invito dell'imperatore Teodosio, che gli affidò l'educazione dei suoi figli Arcadio ed Onorio. Rimase nella città sul Bosforo per circa undici anni, fino al 394, quando, in seguito ad una intensa crisi spirituale, decise di ritirarsi nel deserto egiziano, ottenendo l'esonero dall'incarico di precettore degli eredi imperiali, col rammarico di Teodosio, che lo considerava anche un affidabile consigliere. Sembra che, chiedendo a Dio una sicura via per giungere alla salvezza, una voce misteriosa gli avrebbe risposto: «Fuggi gli uomini». Arsenio, di conseguenza, partì per l'Egitto e, giunto ad Alessandria, si aggregò alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto, che, all'epoca, era molto nota come luogo di espiazione e di spiritualità. Scete, fondata verso il 330 da san Macario il Grande, ospitò parecchi monaci venerati come santi, quali Ammonio di Nitria, Giovanni Nano e Mosè l'Etiope. Ivi Arsenio, concedendosi pochissimo sonno, trascorreva notti intere in preghiera e meditazione: con la preghiera fatta più di lacrime che di parole, come accade a coloro che avrebbero ricevuto da Dio il cosiddetto «dono del pianto» che, soprattutto nella tradizione orientale, è segno e conseguenza del profondo incontro con Lui.
Eremita di grande fama, tanto da essere considerato uno dei più celebri «padri del deserto», si dedicò soprattutto alla meditazione e al silenzio, interiore ed esterno: si narra che non ne rompesse la rigida osservanza neppure con pellegrini e viandanti provenienti da paesi lontani. Quando non poteva sottrarsi a queste visite d'obbligo, le sue rare risposte, quasi sempre a monosillabi, scoraggiavano anche il più devoto degli interlocutori, al punto che questi se ne andava più sconcertato che edificato; ma tutto ciò non scalfì la sua fama di santità, sostenuta soprattutto dalla sua grande umiltà, per la quale non palesava la sua vasta cultura, e da visioni che avrebbero interessato uno di questi visitatori, indicandogli in sogno che la missione di Arsenio si dipanava nella solitudine, per cui non era lecito dubitare della sua integrità.
Nel 434 dovette lasciare Scete, a causa delle sempre più frequenti incursioni delle tribù nomadi provenienti dal deserto libico, a Troe, località situata presso l'antica capitale egiziana di Menfi, dove morì, si presume intorno al 450, dopo un breve periodo vissuto nell'isola di Canopo.
Di Arsenio abbiamo testimonianza da parte dell'antico cronista Daniele di Pharan, che frequentò due suoi discepoli, Alessandro e Zoilo, e che ne fece una breve storia, riportandone anche sentenze e massime, volte all'edificazione spirituale delle anime. Si tramanda, infine, un suo tradizionale ritratto in cui compare maestosamente alto, ascetico e di bell'aspetto. (sp)

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