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               LA SACRA BIBBIA Edizione CEI  | 
          
| 2 Maccabei 4 | 
      
      
      [1] Il 
      suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria, 
      diffamava Onia, come se avesse percosso Eliodòro e fosse stato 
      l'organizzatore dei disordini; 
      
      [2] osava definire nemico della cosa pubblica il benefattore della città, 
      il protettore dei cittadini, il difensore delle leggi. 
      
      [3] L'odio era giunto a tal punto che si compirono delle uccisioni da 
      parte di uno dei gregari di Simone; 
      
      [4] allora Onia, vedendo l'aggravarsi dell'invidia e accorgendosi che 
      Apollonio figlio di Menèsteo, stratega della Celesira e della Fenicia, 
      aizzava la perfidia di Simone, 
      
      [5] si recò dal re, non per far la parte di accusatore dei suoi 
      concittadini, ma per provvedere al bene comune del popolo e di ciascuno in 
      particolare. 
      
      [6] Vedeva infatti che senza un provvedimento del re era impossibile 
      ristabilire la pace nella vita pubblica e che Simone non avrebbe messo 
      freno alla sua pazzia. 
      
      [7] Ma, Selèuco essendo passato all'altra vita e avendo preso le redini 
      del governo Antioco chiamato anche Epìfane, Giasone, fratello di Onia, 
      volle procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio 
      
      [8] e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta talenti 
      d'argento e altri ottanta talenti riscossi con un'altra entrata. 
      
      [9] Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, 
      se gli fosse stato concesso di stabilire di sua autorità una palestra e un 
      campo d'addestramento e di erigere una corporazione d'Antiocheni a 
      Gerusalemme. 
      
      [10] Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, si diede subito 
      a trasformare i suoi connazionali secondo i costumi greci, 
      
      [11] annullando i favori concessi dal re ai Giudei, ad opera di Giovanni, 
      padre di quell'Eupolemo che aveva guidato l'ambasciata presso i Romani per 
      negoziare il patto d'amicizia e di alleanza, e sradicando le leggi 
      cittadine inaugurò usanze perverse. 
      
      [12] Fu subito zelante nel costruire una palestra, proprio ai piedi dell'acròpoli, 
      e nell'indurre i giovani più distinti a portare il pètaso. 
      
      [13] Così era raggiunto il colmo dell'ellenizzazione e la diserzione verso 
      i costumi stranieri per l'eccessiva corruzione dell'empio e falso sommo 
      sacerdote Giasone. 
      
      [14] Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del servizio all'altare, 
      ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si affrettarono a 
      partecipare agli spettacoli contrari alla legge nella palestra, appena 
      dato il segnale del lancio del disco. 
      
      [15] Così tenendo in poco conto le glorie patrie stimavano nobilissime le 
      glorie elleniche. 
      
      [16] Ma appunto a causa di queste li sorprese una grave situazione e si 
      ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui istituzioni 
      seguivano con zelo e a cui cercavano di rassomigliare in tutto. 
      
      [17] Non è cosa che resti impunita il comportarsi empiamente contro le 
      leggi divine, come dimostrerà chiaramente il successivo periodo di tempo.
      
      
      [18] Celebrandosi in Tiro i giochi quinquennali con l'intervento del re,
      
      
      [19] l'empio Giasone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni di 
      Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dramme d'argento per il 
      sacrifico a Ercole; ma questi portatori ritennero non conveniente usarle 
      per il sacrifico, bensì impiegarle per altra spesa. 
      
      [20] Così il denaro destinato al sacrificio a Ercole da parte del 
      mandante, servì, grazie ai portatori, per la costruzione delle triremi.
      
      
      
      
      [21] Antioco, avendo mandato Apollonio, figlio di Menèsteo, in Egitto per 
      l'intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era 
      diventato contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua 
      sicurezza. Perciò si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme.
      
      
      [22] Fu accolto da Giasone e dalla città con dimostrazioni magnifiche e 
      introdotto con corteo di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia 
      militare verso la Fenicia. 
      
      [23] Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del già menzionato 
      Simone, a portare al re denaro e a presentargli un memoriale su alcuni 
      affari importanti. 
      
      [24] Ma quello, fattosi presentare al re e avendolo ossequiato con un 
      portamento da persona autorevole, si accaparrò il sommo sacerdozio, 
      superando l'offerta di Giasone di trecento talenti d'argento. 
      
      [25] Munito delle disposizioni del re, si presentò di ritorno, non avendo 
      con sé nulla che fosse degno del sommo sacerdozio, ma avendo le manie di 
      un tiranno unite alla ferocia di una belva. 
      
      [26] Così Giasone, che aveva tradito il proprio fratello, fu tradito a sua 
      volta da un altro e fu costretto a fuggire nel paese dell'Ammanìtide. 
      
      [27] Menelato si impadronì del potere, ma non s'interessò più del denaro 
      promesso al re, 
      
      [28] sebbene gliele avesse fatto richiesta Sòstrato, comandante dell'acròpoli; 
      questi infatti aveva l'incarico della riscossione dei tributi. Per questo 
      motivo tutti e due furono convocati dal re. 
      
      [29] Menelao lasciò come sostituto nel sommo sacerdozio Lisìmaco suo 
      fratello; Sòstrato lasciò Cratète, comandante dei Ciprioti. 
      
      
      
      [30] Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e Mallo si 
      ribellarono, perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del 
      re. 
      
      [31] Il re partì in fretta per riportare all'ordine la situazione, 
      lasciando come luogotenente Andronìco, uno dei suoi dignitari. 
      
      [32] Menelao allora, pensando di aver trovato l'occasione buona, sottrasse 
      alcuni arredi d'oro del tempio e ne fece omaggio ad Andronìco; altri poi 
      si trovò che li aveva venduti a Tiro e nelle città vicine. 
      
      [33] Ma Onia lo biasimò, dopo essersi accertato della cosa ed essersi 
      rifugiato in località inviolabile a Dafne situata presso Antiochia. 
      
      [34] Per questo Menelao, incontratosi in segreto con Andronìco, lo pregò 
      di sopprimere Onia. Quegli, recatosi da Onia e ottenutane con inganno la 
      fiducia, dandogli la destra con giuramento lo persuase, sebbene ancora 
      guardato con sospetto, ad uscire dall'asilo e subito lo uccise senza alcun 
      riguardo alla giustizia. 
      
      [35] Per questo fatto non solo i Giudei, ma anche molti altri popoli si 
      mossero a sdegno e tristezza per l'empia uccisione di tanto uomo. 
      
      [36] Quando il re tornò dalle località della Cilicia, si presentarono a 
      lui i Giudei della città insieme con i Greci che condividevano 
      l'esecrazione dell'uccisione di Onia contro ogni diritto. 
      
      [37] Antioco fu intimamente rattristato, colpito da cordoglio e mosso a 
      lacrime per la saggezza e la grande prudenza del defunto; 
      
      [38] subito, acceso di sdegno, tolse la porpora ad Andronìco, ne stracciò 
      le vesti e lo trascinò attraverso tutta la città fino al luogo stesso dove 
      egli aveva sacrilegamente ucciso Onia e là cancellò dal mondo l'assassino. 
      Così il Signore gli rese il meritato castigo. 
      
      [39] Essendo poi avvenuti molti furti sacrileghi in città da parte di 
      Lisìmaco su istigazione di Menelao ed essendosene sparsa la voce al di 
      fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando già molti arredi d'oro 
      erano stati portati via. 
      
      [40] La folla era eccitata e piena di furore e Lisìmaco, armati circa 
      tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza, mettendo come comandante 
      un certo Aurano già avanzato in età e non meno in stoltezza. 
      
      [41] Ma quelli, appena si accorsero dell'aggressione di Lisìmaco, 
      afferrarono chi pietre, chi grossi bastoni, altri raccolsero a manciate la 
      polvere sul posto e si gettarono contro coloro che stavano attorno a 
      Lisìmaco. 
      
      [42] A questo modo ne ferirono molti, alcuni ne stesero morti, costrinsero 
      tutti alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del tempio presso 
      la camera del tesoro. 
      
      [43] Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao. 
      
      [44] "Venuto il re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli 
      anziani difesero presso di lui il loro diritto. 
      
      [45] Menelao, ormai sul punto di essere abbandonato, promise una buona 
      quantità di denaro a Tolomeo, figlio di Dorìmene, perché traesse il re 
      dalla sua parte. 
      
      [46] Tolomeo invitò il re sotto un portico, come per prendere il fresco, e 
      gli fece mutar parere. 
      
      [47] Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e 
      a quegli infelici che, se avessero discusso la causa anche presso gli 
      Sciti, sarebbero stati prosciolti come innocenti, decretò la pena di 
      morte. 
      
      [48] Così senza dilazione subirono l'ingiusta pena coloro che avevano 
      difeso la città, il popolo e gli arredi sacri. 
      
      [49] Gli stessi cittadini di Tiro, indignati per questo fatto, provvidero 
      generosamente quanto occorreva per la loro sepoltura. 
      
      [50] Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase al potere, 
      crescendo in malvagità e facendosi grande traditore dei concittadini.