PINEROLO

Chiesa Cattolica
in Italia

PINEROLO  Diac.Perm.  06/04/2019    Maledizioni e promesse

4. Maledizioni e promesse
(Gen 3,8-24)
Meditazione di fratel Giorgio


INTRODUZIONE. I due hanno trasgredito il comando di Dio e ora tutto si complica, a partire proprio dal rapporto con quel Dio buono che aveva donato loro ogni cosa: "Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio... e l'uomo con sua moglie si nascose dalla presenza del Signore Dio" (8). L'uomo si nasconde da Dio, fugge da Lui, esce dalla comunione con Lui. Ma l'uomo non può evitare l'incontro con Lui.
Come reagirà Dio con questi due e con chiunque trasgredisce il suo comando?

L'INTERROGATORIO (9-13). La prima cosa che Dio fa è andarli a cercare! E poi all'uomo pone delle domande, non certo per sapere cosa è accaduto ma per aiutarlo a rendersi conto di quello che ha fatto. Solo che l'uomo e la donna, davanti a queste domande, invece di prendere coscienza del proprio peccato e quindi di confessarlo, accusano gli altri e ultimamente accusano Dio.
+ "Il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: Dove sei?" (9). Questa domanda, specie nell'originale ebraico, è un , un urlo di dolore: qui c'è il grido di un Padre che ha perso i suoi figli amati (cf. Franco, che nel bosco gridava: "Fausto!!!!"). La storia della salvezza è la storia di Dio che cerca la sua creatura amata e perduta. E Gesù è l'ultimo e definitivo passo di Dio in questa ricerca. (Con questa domanda è iniziato anche il discorso di Francesco allo Yad Vashem).
+ "Dove sei?". Adamo ormai si è perso, non sa rispondere a questa domanda: non sa più dov'è, perdendo l'amicizia con Dio ha perso la bussola della vita. E allora la risposta amara: "Ho udito la tua voce... ho avuto paura... mi sono nascosto". Un figlio che ha paura del papà, ha paura di essere considerato cattivo, sbagliato. Prima non ci fidiamo di Dio, e poi pensiamo che Lui possa trovarci sgradevoli. E ci viene l'angoscia!

+ Ecco la conseguenza del peccato: un'autodistruzione dell'uomo che procede a cascata:
- perde il rapporto con se stesso, sentendosi nudo, impresentabile, vulnerabile.
- perde il rapporto col mondo: il giardino invece di essere il luogo da coltivare, in cui passeggiare la sera insieme a Dio, diventa ora luogo in cui nascondersi da Dio.
- perde il rapporto con Dio pensandolo cattivo, rivale, non Padre ma uno da cui nascondersi.
- Gli manca più solo di perdere il rapporto con la donna.

+ Cosa che avviene puntualmente, quando scarica la colpa sulla donna, ma anche su Dio stesso: "La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero" (12). La follia dell'autogiustificazione: "la colpa è degli altri! E la colpa è anche un po' tua, Dio, perché la donna sei tu che me l'hai messa accanto!". Tu accusi Dio, che invece ti sta chiedendo perché ti vuole perdonare.

+ Anche Eva si scarica di ogni responsabilità: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato!" (13): "la colpa è del serpente, e anche un po' tua, Dio: sei tu che hai fatto il serpente, mica io!".
Però qui, senza saperlo, Eva afferma anche una grande verità: responsabile ultimo del male commesso non è l'uomo, ma il demonio! Io ho certo la mia responsabilità, perché quel male l'ho proprio fatto io, ma nello stesso tempo quando pecco sono anche vittima di qualcosa più grande di me, delle circostanze, dell'illusione, del momento di debolezza o di ira, di qualcosa che sembra superarmi.

LE MALEDIZIONI.... (14-19), cioè le conseguenze nefaste del peccato! Cosa ci vogliono dire? È un modo con cui l'Autore sacro cerca di rispondere ad alcune domande esistenziali: perché una vita in cui facciamo una fatica boia per guadagnarci il pane? Perché il rapporto uomo-donna è complicato? Perché la vita sembra solo una corsa verso la morte?... Tutta colpa del nostro peccato! Non quello di Adamo ed Eva, ma quello di ciascuno di noi, perché Adamo ed Eva siamo noi.

+ Il tono che usa qui Dio ci può forse infastidire: questo Dio che pare un po' adirato, punitivo. Ma è come pensare che un medico mi dà da fare una chemio molto pesante perché è cattivo; no, me la dà perché la mia malattia è molto grave. Dio qui non viene per massacrare l'uomo, ma per guarirlo e rivelare ancora il suo amore, che non si ferma neppure davanti al peccato dell'uomo. Perché anche là dove tutto sembra maledetto, Dio entra con la sua benedizione a ridare speranza.

+ Innanzitutto c'è la maledizione al serpente, il vero colpevole: "Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame..." (14). Non sarà maledetto l'uomo, né la donna, che restano pur sempre cosa buona; ma il serpente sì. Maledicendo il serpente Dio vuole parlare all'uomo: non c'è niente di buono in lui e dunque con costui non devi avere a che fare, è "radioattivo", non va toccato né avvicinato.
"Camminerà sul ventre", e a questo vorrà portare anche l'uomo, cioè a vivere di pancia, ridurre tutto a soddisfare i propri appetiti. E così "mangerà polvere", perché chi vive di pancia mastica amaro, finisce per masticare polvere, roba che non è vita, che non sazia.

+ "Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe...". Tra le due discendenze, tra chi segue le seduzioni del male che portano alla morte, e chi vuole essere figlio di Eva, "madre dei viventi", e cerca la vita c'è una sacrosanta inimicizia, che è "posta" da Dio e che noi avvertiamo dentro di noi. Paolo la esprimerà così: "La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne... Queste cose si oppongono a vicenda" (Gal 5,17).

+ Poi le parole alla donna, - colpita nel suo essere madre: dolori e grida accompagnano la vita, soprattutto nel momento della sua massima esplosione, quello della nascita. Perché? È un modo per dire che il peccato rende la vita un dramma, rende doloroso il vivere!
- colpita nel suo essere sposa: "verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà" (16). Con il peccato tra uomo e donna non c'è più lo stare uno di fronte all'altro, occhi negli occhi, ma solo istinto, passione, l'essere l'uno sopra l'altro. La passione regola spesso i nostri rapporti con gli altri, specie dell'altro sesso, in un desiderio di dominio, di possesso dell'altro. La cosa è reciproca, ma l'uomo, che possiede maggiore forza fisica, è quello che più spesso prevale, fino a violenze e femminicidi.

+ Le parole all'uomo, anch'egli colpito al cuore in ciò che più lo costituisce, il lavoro, con cui "domina" su tutte le creature e "assoggetta" la terra (1,26.28), cioè si rende in qualche modo collaboratore di Dio, mantenendo con il suo lavoro bello e buono il creato. Ma con il peccato dell'uomo il lavoro si carica di fatica, sudore e il suo prodotto sono spesso solo spine e cardi. "Maledetto il suolo per causa tua": ciò che era bello e buono, perché uscito dalle mani di Dio, per il nostro peccato diventa brutto, ostile e il lavoro dell'uomo risulta così spesso una de-creazione.
-> Vedi la questione ecologica: ci stiamo accorgendo di come stiamo riducendo il mondo!

+ Cose terribili sta minacciando Dio! Ma, a guardarle bene, queste maledizioni non sono un castigo di Dio, ma le conseguenze del peccato dell'uomo. Qui Dio sta solo dicendo quello che è già avvenuto: "ti rendi conto cosa hai combinato con il tuo peccato? Hai sballato i rapporti con Me, i rapporti tra voi due, col mondo, con la vita?". Non c'è bisogno che Dio punisca, perché è già il male che punisce l'uomo. La vera punizione del male sono le conseguenze del male e non serve che Dio se ne inventi altre. (es.: la mamma che dice al bambino: non mangiare tutta la nutella, se no ti viene mal di pancia. Se poi il bambino la mangia tutta non serve che la mamma lo punisca con uno schiaffone, perché il mal di pancia è già la punizione di quel peccato. E se il mal di pancia non gli viene? La punizione c'è lo stesso, perché in quel modo il bambino ha incrinato il rapporto con la mamma).

... E LE PROMESSE, o l'altra faccia delle maledizioni. Dio non si inventa delle punizioni per il male commesso ma, anzi, prende quel male e lo "ricicla", ne trae del bene. E difatti dentro a queste maledizioni ci sono grandi promesse. Ecco perché queste righe furono chiamate già dai Padri "protovangelo", cioè la prima bella notizia della salvezza di Dio.

+ La maledizione sul serpente: "... la stirpe [della donna] ti schiaccerà la testa e tu le insidierai/schiaccerai il calcagno" (14-15). Cosa c'è di positivo, di "vangelo" qui dentro?
- Il tallone è la parte più indifesa dell'uomo nei confronti del serpente: lì il serpente può mordere senza che tu te ne accorga; ma proprio quello che è il luogo della tua debolezza diventa il mezzo che invece schiaccia, vince il serpente.
-> Fare delle proprie debolezze un punto di forza, delle proprie ferite delle feritoie per lasciar entrare la Grazia: "Mi vanterò delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo".
- La stirpe della donna schiaccerà la testa al serpente, e il serpente schiaccerà il calcagno del figlio. La stirpe della donna, il suo discendente per eccellenza per noi cristiani è Gesù Cristo, colui che davvero vincerà il serpente. Dio dice: "caro serpente, Lui ucciderà te, e tu ucciderai Lui". Ed è andata proprio così: per annientare il serpente, il peccato, il male, Gesù ha dovuto morire.
-> Non si esce dal peccato senza una morte. Cristo lo ha fatto per noi e lo fa in noi. Col battesimo: ci unisce alla sua morte; ci fa "morti al peccato", fa morire quella parte di noi che striscia sulla pancia.

+ Il richiamo alla donna. Quando dice alla donna "Con dolore tu partorirai", Dio sta dicendo che si sono alterate le relazioni con la vita, ma nello stesso tempo sta trasformando questo dolore in un rimedio contro il peccato, lo fa diventare misteriosamente salvifico per la donna. Perché se il peccato è voler diventare come Dio, ebbene il momento in cui la donna è più simile a Dio è quando genera una vita. Ma se adesso quella generazione della vita è segnata dal dolore, proprio quel dolore aiuterà la donna a non illudersi più di poter essere Dio. E allora proprio quel dolore sarà ciò che salverà la donna.

+ Il richiamo all'uomo: "Con dolore trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita... Con il sudore del tuo volto mangerai il pane". È lavorando che l'uomo è più simile a Dio, perché è lavorando che l'uomo crea. Ma se ora crea con il sudore della fronte, non può più illudersi di essere Dio e dunque quel sudore è ciò che lo salva dal peccato, che lo libera dall'illusione di poter essere come Dio.
In entrambi i casi: la fatica, la sofferenza come esperienza salvifica in quanto richiamo concreto al nostro limite, alla nostra creaturalità: ciò che il peccato voleva abolire.
- E infine "tornerai alla terra... polvere tu sei e in polvere tornerai!". Se l'uomo ancora si illude di non aver bisogno di Dio, ci sarà allora la morte, quel tornare alla terra che lo metterà davanti alla sua verità di debolezza, e davanti alla morte non c'è più nessuna possibilità di illudersi di essere ancora Dio. Paradossalmente allora proprio la morte che è la conseguenza maledetta del peccato, può diventare per l'uomo l'occasione definitiva per scoprire di non essere Dio e di avere bisogno di essere salvato. La morte diventa l'ultima, meravigliosa, benedetta offerta di salvezza per l'uomo.

+ E mentre compare all'orizzonte la morte, si parla ancora di vita: "l'uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi" (20). Nonostante la conseguenza del peccato sia la morte, la vita continua, perché l'amore di Dio continua.
E continua con la delicatezza squisita di Dio di preparare loro vestiti di pelle: "Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì" (21). Dio si preoccupa di non lasciarli nudi, scoperti, cioè assicura loro che continuerà a proteggerli. In qualche modo è il loro peccato che è coperto; questi vestiti sono il segno dell'amore di Dio, che non abbandona l'uomo in balia del peccato, ma entra dentro la situazione di peccato dell'uomo per trasformarla in luogo di perdono, di amore e di grazia. Queste tuniche sono come la veste che il Padre fa mettere al figlio ritrovato, perché nonostante il peccato, l'uomo non perde mai la sua identità di figlio. Spesso il mondo ci spoglia della nostra dignità, ci umilia, Dio invece ci riveste anche quando abbiamo sbagliato.

+ "Il Signore Dio scacciò l'uomo dal giardino", che è il modo biblico per dire: Dio prende atto che l'uomo e la donna si sono a cacciati fuori del giardino, entrano in una nuova storia e in nuovo rapporto con il mondo, che non è più la terra benedetta del giardino, ma quella maledetta che produce solo spine e cardi. Quella dell'uomo è ora una nuova storia, segnata inevitabilmente dal peccato, e nemmeno Dio può cancellare il fatto che il peccato ci sia stato, ma può cancellare il peccato e trasformare le conseguenze del peccato in possibilità di salvezza.

+ Poi l'affermazione insieme dolorosa ed ironica di Dio che dice: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi", "guardalo lì come si è ridotto quello che voleva essere come me! E tutto perché non ha voluto accettare i suoi limiti, accettare di essere uomo che trova la sua felicità nel suo essere creatura amata da un Padre". Non è diventato Dio, non lo può, ma la sua caricatura, uno pseudo-dio.

+ In questo modo si è precluso anche l'altro albero, quello della vita: "Dio pose i cherubini e la fiamma della spada guizzante per custodire la via all'albero della vita". L'uomo aveva preso dell'albero della conoscenza del bene e del male per essere come Dio, ora sarebbe portato a prendere dell'albero della vita per avere la vita di Dio, cioè la "vita eterna". Ma quella l'uomo non può prenderla, può solo accoglierla in dono, lasciandosi perdonare.
Qui dietro c'è l'eterno problema della grazia, che Adamo ed Eva, cioè noi, facciamo così fatica a comprendere: tutto, anche la vita, la vita di Dio, ci è offerto "gratuitamente"; non cerchiamo di arrangiarci da soli! Come il bambino con la nutella...: "perché te la sei presa, hai voluto rubarla? Perché non me l'hai chiesta: te l'avrei data!".

+ Ed è esattamente ciò che è venuto a fare Cristo in questo mondo: non solo toglierci il peccato, ma donarci la vita di Dio. «Così Cristo diventa il nuovo Adamo, con cui ha inizio la nuova umanità. La croce, il luogo della sua obbedienza, diventa così il vero albero della vita. Da questo albero non discende la parola della seduzione, bensì la parola dell'amore redentore, la parola dell'obbedienza, in cui Dio stesso è divenuto obbediente e ci offre la sua obbedienza come spazio della libertà. La croce è l'albero della vita divenuto nuovamente accessibile. Con la passione Cristo ha messo via la spada fiammeggiante, ha attraversato il fuoco ed eretto la croce come il vero asse del mondo, che permette a questo di stare nuovamente in piedi» (Ratzinger).


DOMANDE
+ Dove sei? In questa fase della tua vita (con questa età, questa salute, in questa comunità parrocchiale, a fare questo servizio...) mi sento "smarrito", non so più bene chi sono e dove vado? O sono nella pace perché sono nell'amicizia con Dio?
+ Di fronte al mio peccato cerco troppo facilmente di giustificarmi, di dare la colpa agli altri? O guardo subito e solo a me stesso e alla mia responsabilità?
+ Vivo l'esperienza della fatica, del dolore, e soprattutto la prospettiva della morte nella ribellione, in una mal sopportazione? O accetto queste realtà come occasioni concrete per riconoscere la mia limitatezza e aprirmi a una maggior confidenza in Dio?

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