PINEROLO

Chiesa Cattolica
in Italia

PINEROLO  Diac.Perm.  02/04/2022    Dio mi ha mandato qui

DIO MI HA MANDATO QUI
(Gn 45,1-15;50,19-20)

INTRODUZIONE
+ Dopo le parole di Giuda, dette anche a nome dei fratelli, si è capito che in lui c'è stata un'autentica conversione. L'ultimo passo della storia allora è scontato: Giuseppe finalmente si fa riconoscere perché ora i fratelli sono fratelli e perciò sono in grado di vederlo come fratello, non più solo come il potente visir che può disporre a piacimento della loro vita.

+ Il momento è solenne, ma insieme molto intimo. E allora tutti fuori: "Giuseppe gridò: fate uscire tutti dalla mia presenza! Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere ai suoi fratelli" (1). Le esperienze più forti hanno bisogno di un contesto di intimità. Queste sono cose di famiglia, mica tutti possono capire cosa vuol dire amarsi di un amore veramente fraterno.
Ma accade che "diede in un grido di pianto e gli egiziani lo sentirono (!) e la cosa fu risaputa nella casa del faraone" (2). La gioia dell'amore fraterno è qualcosa di incontenibile, esplode, non può e non deve restare segreta, e allora anche gli altri, che pure sono fuori, se ne accorgono.

+ La prima preoccupazione è per il padre Giacobbe: "Vive ancora mio padre?" (3). È il padre il fondamento dell'amore tra fratelli.
-> Non abbiamo paura di amare "troppo" il Padre, perché l'amore per il Padre è il primo dei comandamenti, e quanto più sono attaccato a Dio tanto più riuscirò a vivere anche il secondo comandamento, ad amare i fratelli. Se il nostro amore per il Padre è un po' tiepido sarà così anche l'amore per i fratelli.

+ E ora i fratelli: "Avvicinatevi a me!" (4). La storia era cominciata con dei fratelli sempre più lontani tra loro, e finisce con questo loro riavvicinarsi. Ora che i fratelli sono vicini, non solo fisicamente, cioè ridiventati fratelli, disposti a dare la vita per il minore, allora anche l'altro minore, quello venduto, e creduto ormai perso per sempre, può svelarsi e farsi riaccogliere come fratello: "Io sono Giuseppe, vostro fratello" (5). Non sono il gran visir d'Egitto, vostro signore, davanti al quale dovete sentirvi servi; sono figlio del vostro stesso padre, e con me dovete sentirvi fratelli.

+ Il racconto potrebbe ora saltare benissimo, senza stonature, al v. 14, con l'abbraccio e il bacio della riconciliazione definitiva. Ma prima bisogna che i fratelli capiscano bene la lezione che deriva da tutta questa storia. E allora Giuseppe rilegge brevemente, davanti ai fratelli, la triste storia passata (4b-8). E poi (9-13) uno sguardo al futuro, dove tutto è centrato sul padre: ora che i fratelli si sono rincontrati, perché la famiglia sia davvero ricostituita, manca solo il padre; è ora di andare a prendere anche lui!
È la parte più importante di tutta questa storia (v. infra).

+ La storia finisce in un pianto liberatorio, con l'abbraccio e il bacio prima a Beniamino, poi a tutti gli altri. Qui non si parla più di prostrazioni: "Giuseppe baciò tutti i fratelli e pianse stringendoli a sé" (15). E la storia finisce soprattutto con i fratelli che tornano a parlarsi: "Dopo, i suoi fratelli si misero a conversare con lui" (15). La comunione all'inizio si era rotta quando i fratelli "non potevano parlargli amichevolmente" (37,4), ma ora finalmente si torna a parlarsi, da fratelli.

+ Qui finisce la storia: "E tutti vissero felici e contenti". Una brutta storia che però è finita bene. Una storia piena di umanità e anche molto realista, così simile alla storia di tante nostre famiglie e comunità, dove non si arriva a vendersi e a uccidersi, ma dove comunque serpeggiano divisioni, incomprensioni.

La "morale della favola". Quali insegnamenti tirare fuori?
• Un messaggio, certamente non il più importante (ma che di solito si tira fuori per i ragazzi del catechismo) è: se fai il bravo ti andrà tutto bene, la virtù alla fine è sempre premiata. È vero, Giuseppe non si è mai arreso, non ha ceduto alla seduzione, è sempre stato onesto e così dalla cisterna e dalla prigione è salito agli onori regali. Ma se fosse solo questo il messaggio la storia avrebbe dovuto finire quando Giuseppe diventa gran visir d'Egitto.
* FRATERNITÀ. È chiaro che il messaggio è ben più grande. Al narratore non interessa che Giuseppe diventi il visir, ma che i fratelli diventino fratelli. Quindi il tema della fraternità.
• Primo: la fraternità/famiglia è un punto d'arrivo, non un punto di partenza! Non è perché hai firmato l'atto di matrimonio che la tua comunione coniugale è assicurata; non è perché sei venuto ad abitare nel territorio di questa Parrocchia che la comunione con gli altri parrocchiani è scontata. Fratelli/sorelle si diventa attraverso un lungo cammino di conversione e anche di morte, passando spesso attraverso prove, incomprensioni reciproche, invidie... I tempi sono a volte molto lunghi (20 anni per Giuseppe!), perché purtroppo lunghi sono i tempi della nostra conversione.
• Secondo: se volete che ci sia comunione/fraternità nelle vostre famiglie/comunità, siate veri, sinceri. Finché ognuno non si toglie la maschera del bravo fratello, finché non tira fuori dal sacco le sue miserie, senza paura di apparire per ciò che veramente è, non è possibile incontrarsi, essere fratelli.
• Terzo: quando invidie, gelosie, egoismi hanno frantumato la comunione, se in una comunità uno su dodici si converte, basta, può convertire anche gli altri. Come è vero che "la vita dell'uno è legata alla vita dell'altro" e se uno cresce nella santità tira su tutti, se uno si lascia andare nella mediocrità o nel peccato tira giù anche tutti gli altri.
• Quarto, forse il più importante circa la fraternità: il segreto di una famiglia/fraternità riuscita sta nella capacità di perdono . Se alla fine i dodici hanno potuto riabbracciarsi come fratelli è solo perché uno di loro ha perdonato, perché uno che ha subito l'ingiustizia, la violenza, anziché rispondere al male col male, ha risposto al male col bene, cioè ha perdonato. Perché si possa ricomporre la comunione quando questa è rotta, bisogna che ci sia qualcuno che perdona, che sia disposto a rinunciare alle proprie rivendicazioni, non per debolezza, ma perché è convinto che nel perdono sta la forza più grande. Bisogna che il più forte, cioè colui che sa amare di più, accetti di cedere.

* DIO. Bellissimo! Ma questi e tanti altri insegnamenti li potremmo trovare anche in un bel racconto extra biblico. Sono cose che fanno parte della vita dell'uomo e certamente la Bibbia vuole dirci una parola di verità sull'uomo. Ma vuole soprattutto dirci la verità su DIO.
E cosa ci dice la Bibbia su Dio, raccontandoci questa storia? Qui c'è un problema: dov'è Dio in questa storia? Molti hanno parlato di storia laica, nel senso che in questo racconto si parla molto poco di Dio, i protagonisti lo nominano solo qualche rara volta, ma non parlano mai con Lui, non pregano, non chiedono aiuto; né Dio interviene mai a parlare con nessuno di loro (come faceva spesso con Abramo, Isacco e Giacobbe), non ci sono visioni, apparizioni, né interventi prodigiosi da parte di Dio. Ci troviamo qui con un Dio pare lasciare tutta la storia, comprese le sue negatività (cioè il peccato) alla libera iniziativa dell'uomo, la quale tuttavia rientra alla fine in un progetto divino.
-> Somiglia tanto alla nostra storia: anche nella nostra vita sono rare, o del tutto assenti, le visioni, i miracoli, gli interventi prodigiosi di Dio. Quante volte nella nostra storia Dio sembra assente!

+ La Parola di verità su Dio, che è il messaggio principale di questa storia, è lo stesso Giuseppe a dircela, nei versetti centrali (4-8), dove Giuseppe finalmente fa salire sul palco anche il protagonista principale di tutta la storia, che finora era rimasto un po' sempre dietro le quinte, cioè Dio.
Questo è il ragionamento di Giuseppe:
- io sono Giuseppe... che voi avete venduto sulla via verso l'Egitto; ma non dovete rattristarvi per avermi venduto quaggiù (4-5);
- perché Dio mi ha mandato qui prima di voi (5.7, due volte);
- Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio (8).
Dunque, chi è la causa della discesa in Egitto di Giuseppe? È il peccato dei fratelli che lo hanno venduto a quei mercanti? Sì, e la loro responsabilità rimane tutta. Eppure Giuseppe dice poi che è stato Dio a mandarlo in Egitto, riconosce cioè che dietro a tutto ha lavorato la mano di Dio scrivendo dritto anche sulle righe storte degli intrighi tramati dagli uomini.
È quello che, in modo ancora più chiaro, Giuseppe dirà alla fine di tutta la storia: "se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene". Questo è l'insegnamento principale di tutto il racconto: quel Dio che pareva assente dalla storia di quella famiglia, è in realtà un Dio a cui nulla sfugge, che tutto fa rientrare nel suo disegno di salvezza, anche il peccato. Anche il male viene assunto e riassorbito per trasformarlo in bene.

* LA STORIA. Dicendoci queste cose su Dio, Giuseppe ci insegna anche come un credente deve leggere la storia, quella personale, quella comunitaria e quella del mondo in cui vive: scorgere la mano di Dio che lavora, che guida, che porta avanti il suo disegno. Perché "la dimora di Dio è la vita spicciola", Dio è costantemente presente e all'opera dentro i nostri giorni, dobbiamo solo imparare a riconoscere la Sua presenza, la sua voce, la sua mano nei banali incontri, eventi, luoghi che viviamo. Questo è il discernimento, questa è l'arte spirituale di saper trovare Dio in tutte le cose e in tutti gli eventi, e di conseguenza imparare a vivere e fare tutte le cose con Dio e in Dio. E in questo modo la nostra storia diventa anche storia di salvezza.

+ Io provo a cogliere pochi elementi di lettura teologica della vostra storia comunitaria.
"Dio mi ha mandato qui", in Egitto, dice Giuseppe per due volte (5.7). Sì, Dio vi ha mandati qui, in questa fetta di storia così complessa così lontana da Dio, come l'Egitto, in questa Parrocchia di periferia di una cittadina di periferia. Perché? Non prima di tutto per organizzare belle liturgie o iniziative di carità, ma per essere, come Giuseppe, uomini e donne di comunione, per vivere la straordinaria, seppur faticosa, esperienza della fraternità, e così "conservarci in vita (5), assicurare a noi la sopravvivenza (7)". Questa è prima di tutto la vita di una comunità cristiana/parrocchiale: sperimentare la pienezza della vita, perché solo dove c'è il pane della comunione c'è vita.
• E poi, certo, vi ha mandato qui anche "per salvare in noi la vita di molta gente" (7), cioè per far sì che tante altre persone, che stanno morendo nell'angoscia delle loro sofferenze non condivise, nel buio del loro peccato possano ritrovare la vita, e ritrovarla perché trovano persone che si prendono cura di loro.
• Ma perché ci sia tutto questo bisogna che ci sia il Padre in mezzo a voi!: "Affrettatevi a salire dal Padre e ditegli: ...vieni quaggiù presso di me e non tardare" (9). Se personalmente o insieme non sapete fermarvi in preghiera, mettervi in ascolto della Parola, non fare vostra questa invocazione: "Padre, vieni quaggiù presso di me, non tardare", la vostra fraternità non potrà reggere.
• E affrettatevi (2 volte), non perdete altro tempo! C'è un senso di urgenza che deve bruciarci dentro, perché senza Padre e senza fratelli c'è solo morte, per noi e per tanti attorno a noi.

CONCLUSIONE. "Questa è la storia della discendenza di Giacobbe" (37,2), la storia di una famiglia per nulla esemplare, dove si consumano invidie, gelosie, odio, e per motivi anche molto futili. Eppure questi sono gli antenati del popolo di Dio, da una famiglia così sgangherata dovrà persino venire il Messia! E sono anche gli antenati della Chiesa, i nostri antenati. Una povera storia, ma la Bibbia la racconta (come tante altre brutte storie) perché questa è storia della salvezza!
Smettiamola di pensare che la storia della salvezza sia quella portata avanti da persone perfettine, che pregano sempre, che non sbagliano mai (di Maria di Nazareth ce n'è una sola in tutta la storia della salvezza!). No, sono per lo più persone sballate, a volte autentici peccatori e persino criminali, i protagonisti principali della storia salvezza perché Dio entra nella loro storia e la fa diventare sua storia.
Questa è anche la nostra storia, delle nostre comunità, storia piena di miserie e di peccato.
Che la storia di questa comunità, pur con i suoi limiti, sia sempre anche storia di Dio!

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