LE SETTE PAROLE DI GESÙ
(Lc 23,32-43)
2. "Ecco il tuo figlio... Ecco la tua madre". (Gv 19,25-27)
CONTESTO
Da Lc passiamo a Gv, che ci presenta la Passione e la croce in modo diverso
rispetto ai Sinottici. In Gv Gesù non annuncia per tre volte di essere
"condannato, ucciso, crocifisso", ma di essere "innalzato, glorificato".
La croce, in Gv, non è tanto il patibolo su cui viene giustiziato Gesù,
ma diventa il trono su cui siede il Re dell'universo che di lì irradia
tutta la sua gloria. Perciò non c'è nel Gesù crocifisso di Gv nessun grido
disperato, nessuna sottolineatura delle sofferenze; è come se la situazione
ce l'avesse sempre in pugno Lui.
+ È vero che il GESU' di Gv, in croce, è "spogliato" di tutto, della libertà,
della dignità; i soldati si sono appena spartite persino le sue vesti.
Ma Lui va ancora più in là: Lui stesso si spoglia, dona quello che ancora
ha di più "suo", i suoi ultimi legami terreni, i più intimi: la madre e
l'amico più caro, quello che nell'ultima cena aveva posato il capo sul petto
di Gesù. Dona l'uno all'altra, c'è come un "trasferimento di proprietà",
da madre di Gesù a madre del discepolo, di ogni discepolo: "Sua madre" (25)->
"la madre" (26)-> "tua madre" (27). Ecco l'evento che sta
accadendo ai piedi della croce.
Gesù dona proprio tutto: ha regalato il perdono ai suoi crocifissori,
il paradiso al buon ladrone e ora regala l'uno all'altra la Madre e l'amico.
E si presenta al Padre completamente spoglio, senza più nulla: né dignità,
né vesti, né madre né amici.
+ La scena è commovente, ma come sempre non dobbiamo fermarci a un livello
superficiale di lettura. Nei Vangeli, specie in Gv, c'è sempre anche un
significato simbolico al di là del significato concreto di quanto viene
narrato. Qui c'è certamente anche un figlio morente preoccupato di non
lasciare sola sua madre e dunque di affidarla al suo amico più caro perché
se ne prenda cura. Ma con quelle parole Gesù va ben oltre la sfera strettamente
domestica, per dilatarsi a tutta la comunità cristiana.
MARIA. Vista dalla parte di Maria la scena è altrettanto drammatica e sublime:
"Stavano, presso la croce di Gesù, sua madre...". Maria "sta", non scappa da quel
dolore straziante di madre accanto al figlio che muore. Non parla, ma dice tutto
con la sua presenza, con il suo silenzio. Perché una presenza vale più di una
parola: è fedeltà, è compagnia, è condivisione.
-> Non dimentichiamolo quando ci troviamo al letto di un malato o di un moribondo,
e non sappiamo cosa dire: la cosa più importante è esserci, stare lì.
E la presenza di Maria ai piedi della croce è di una comunione profondissima con
il suo Figlio Gesù. Maria non stava «presso la croce di Gesù», vicino a lui,
solo in senso fisico e geografico, ma anche in senso spirituale. Era unita
alla croce di Gesù; era dentro la stessa sofferenza. Soffriva nel suo cuore
quello che il Figlio soffriva nella sua carne. E chi potrebbe pensare
diversamente, se appena sa cosa vuol dire essere madre? «Anche la Beata
Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la
sua unione con il Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino,
se ne stette ritta, soffrì profondamente col suo Figlio unigenito e si
associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente
all'immolazione della vittima da lei stessa generata» (LG 58).
+ "Stavano presso la croce di Gesù". Ci sono due cose nascoste in questa frase:
primo, che bisogna stare «presso la croce» e, secondo, che bisogna stare accanto
alla croce «di Gesù». Non basta stare presso la croce, cioè nella sofferenza,
starci anche in silenzio. Questo sembra già da solo una cosa eroica, eppure non
è la cosa più importante. Può essere anzi niente. La cosa decisiva è stare presso
la croce «di Gesù». Ciò che conta non è la propria croce, ma quella di Cristo.
Non è il soffrire, ma il credere e così appropriarsi della sofferenza di Cristo.
La prima cosa è la fede. La cosa più grande di Maria sotto la croce fu la sua
fede, più grande ancora che la sua sofferenza.
-> Viene un'ora della vita in cui ci occorre una fede e una speranza come quelle
di Maria: quando Dio pare lontano, non rispondere alle nostre domande, sembra
smentire se stesso, le sue promesse, pare farci passare di sconfitta in
sconfitta, quando si fa buio in noi come quel pomeriggio sul Calvario...
imparare da Maria a dire: Non Ti capisco più, ma continuo a fidarmi di Te.
+ Si nominano anche altre donne, chiamate col loro nome proprio, perché
indicano la loro specifica individualità; ma poi di loro non si dice più
nulla, tutto si concentra su Maria e Giovanni, che sono invece indicati
non con il nome proprio, ma con un nome che dice il loro rapporto con Gesù:
"Madre" e "discepolo che egli amava". Gv non dice i loro nomi, perché al
di là delle loro persone concrete è importante cogliere ciò che esse
rappresentano. Sul Calvario Giovanni non è soltanto il figlio di Zebedeo,
uno dei Dodici, ma è ogni discepolo di Gesù. E Maria non è soltanto la
sposa di Giuseppe, la Madre di Gesù, ma per Gv è "la Madre". Ed è la "Donna".
+ Per noi Maria ai piedi della croce è innanzitutto l'Addolorata (o la Desolata,
come dicono i Focolarini). Per il Vangelo di Gv è innanzitutto la Donna, chiamata
ad essere Madre.
Gesù la chiama "Donna": "Donna, ecco tuo figlio". Nei Vangeli Gesù non chiama
mai sua madre per nome; ma non la chiama neppure Madre. La chiama "donna",
come anche a Cana.
Per alcuni è un richiamo alla donna delle origini: Maria è la nuova Eva. E come
l'antica Eva era la madre di tutti i viventi, Maria è la nuova Eva, madre di tutti i redenti.
Più probabilmente questo "donna" indica la vergine figlia di Sion di cui parlavano
i profeti, cioè Gerusalemme, e dunque qui al Calvario si compiono quelle profezie
che annunciavano la fine dell'esilio e il ritorno a Gerusalemme dei suoi figli:
"Sion ha detto: Chi mi ha generato costoro? Io ero priva di figli e sterile;
questi chi li ha allevati?" (Is 49,14.21); "alza gli occhi e guarda: tutti
costoro vengono a te; i tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate
in braccio" (Is 60,4). Maria è qui la Sion che come una Madre genera i figli del
nuovo popolo di Dio: qui l'Israele diventa Chiesa.
Nascono alla Chiesa nuovi figli/discepoli, qui rappresentati da Giovanni, e la
Chiesa, qui simboleggiata da Maria, è Madre che se ne prende cura. Sion/Maria/la
Chiesa è allora la Madre di tutti i popoli, è il grande grembo da cui tutti i
credenti sono generati: "...Tutti là sono nati. Si dirà di Sion: l'uno e l'altro
è nato in essa" (Sal 87,4-5). "Là anch'io sono nato", nel grembo della Chiesa;
io sono frutto della croce...
Questa è dunque una scena di parto: Maria sul Calvario soffre di nuovo le doglie
del parto, in quanto chiamata di nuovo ad essere madre, madre dei credenti, dei
fratelli e delle sorelle di Gesù.
+ Chi l'avrebbe detto?! Nelle ore precedenti la crocifissione c'è stata la
dissoluzione della comunità di Gesù: Giuda lo ha venduto, Pietro lo ha rinnegato,
gli altri discepoli sono fuggiti. Sembra che tutte le fatiche di Gesù per
edificare una comunità siano fallite. E poi, nel momento più fosco, vediamo
questa comunità nascere ai piedi della croce. E questa che nasce non è una
comunità qualunque: è la Chiesa, è la nostra comunità.
-> Spesso nei disegni di Dio è quando tutto finisce che tutto comincia!
+ E questo nuovo popolo di Dio, la Chiesa, che sta nascendo, si caratterizza
come famiglia: "Ecco tuo figlio, ecco tua madre": tu hai questa madre, tu hai
questi figli, questi fratelli. L'umanità diviene ora finalmente famiglia.
Noi tutti siamo costituiti in una realtà familiare, non da nostre scelte,
simpatie, ma per volontà di Cristo dalla croce. Questa è la nostra famiglia,
qui vediamo nostra madre e nostro fratello (cf. Helder Camara:
"Avete arrestato mio fratello").
"ECCO IL TUO FIGLIO", dice Gesù a Maria. Ma Maria sa benissimo che non ha
altri figli se non Gesù. Ma la sua maternità spirituale nei confronti del
discepolo amato consisterà proprio in questo: che egli sarà suo figlio nella
misura in cui sarà verso di lei come un altro Gesù, e nella misura in cui lei
stessa, in quanto Madre, l'aiuterà a divenire rassomigliante a Gesù.
+ Presso la croce. Perché la Chiesa nasce proprio sul Golgota, sotto la croce?
Perché è sul Golgota che Gesù prende su di sé tutte le nostre ostilità, le accuse,
le divisioni, è là che "muore per riunire in uno tutti i figli di Dio che erano
dispersi" (Gv 11,52), come aveva profetizzato Caifa, e farne una famiglia. E
se la Chiesa nasce ai piedi della croce è segno che ogni comunità, per nascere
e per crescere, dovrà vivere sempre nella , che
viene generato dall'amore, perché schiacciato nella macina dell'amore, la croce.
+ "ECCO TUA MADRE". "Ecco tua madre": dalla croce Gesù affida a ogni discepolo,
cioè a noi, una madre che, prima e più di Maria, è la Chiesa. Questa Chiesa
Gesù ce la dà per Madre.
La Chiesa, con tutte le sue miserie, la concreta comunità in cui vivo, con tutte
le sue mediocrità o forse anche meschinità, non è un peso che il Signore ci ha
caricato sulle spalle, ma un dono che ci ha lasciato nel momento della morte,
e dunque come la cosa più preziosa che potesse lasciarci. Una comunità di
fratelli all'interno della quale io mi sento figlio, come custodito e nutrito da una madre.
"Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa come Madre" (Cipriano)
"DA QUELL'ORA", la fatidica ora della croce... Al Calvario è arrivata finalmente
"l'ora" annunciata già a Cana da Gesù, l'ora in cui si realizza la salvezza,
un'ora di vittoria, di trionfo e di gloria, anche se tutto pare dire il contrario.
È l'ora di nascita della Chiesa.
"IL DISCEPOLO LA ACCOLSE CON SÉ [TRA LE COSE PROPRIE]", che non significa solo
che la prese "nella sua casa" (CEI 74. E qui si fonda quella tradizione
verosimile che vuole Maria trascorrere i suoi ultimi anni con Giovanni,
a Efeso), ma che la accolse nella sua intimità, nella sua vita. L'accoglienza
offerta da Giovanni è un atto di fede, non un semplice gesto esteriore.
-> A ogni credente è chiesto di prendersi cura della Chiesa, farsene carico,
prenderla tra le cose proprie.
+ Accogliere la Chiesa. Così è rivelata la Chiesa nella sua polarità madre-figlio:
se il discepolo amato rappresenta tutti i discepoli, la Madre di Gesù, richiama
la figlia di Sion, rappresenta la Chiesa nella sua funzione materna. In modo che
ciascuno di noi senta la Chiesa come madre e la Chiesa senta ogni uomo come un
figlio, un amico di Gesù. Mistero della Chiesa, realtà fragilissima, perché non
sempre è facile vedere il volto materno della Chiesa e non sempre la Chiesa sa
accogliere e amare come figli gli amici di Gesù.
+ Accogliere Maria. Per Gv Maria è qui prima di tutto e soprattutto figura della
Chiesa e questo testo è forse il più importante per quanto riguarda il rapporto
Maria-Chiesa. Fin dal IV secolo si è colto che sono parole importanti non solo
per la mariologia o la cristologia, ma ancor più per l'ecclesiologia. Ma ciò non
toglie che qui Maria è pur sempre Maria di Nazareth, la Madre del Figlio di Dio.
E dunque quelle parole riguardano anche lei, la sua persona, non solo la Chiesa.
-> Accogliere Maria nella nostra vita spirituale... E Maria ha da insegnarci la fede,
come si entra in rapporto con Cristo: "qualunque cosa vi dice, fatela". Tiriamo
giù Maria dalle nostre nicchie e "prendiamola tra le nostre cose proprie", nella
nostra vita. Viviamo con Lei un rapporto di profonda familiarità, di figliolanza,
di abbandono filiale: "Totus tuus" di GPII.
+ Sulla croce Gesù ci ha detto: Qualunque cosa ti succederà nella vita, ricordati
che da questo momento c'è una Madre che ha cura di te. Non sei solo? Sì, se Maria
è stata ai piedi della croce del suo Figlio Gesù, potrà mai mancare ai piedi di
ogni nostra croce? Se è stata presente alla morte del suo Figlio, potrà mai essere
assente al momento della nostra morte? Per questo giustamente possiamo pregare con
fiducia: "Prega per noi adesso e nell'ora della nostra morte".
Per la riflessione.
-> Quanto la sento Madre, questa nostra Chiesa? Quanto la amo come Madre? La Chiesa
e la mia comunità concreta, quanto le considero tra i beni a me più cari? Frequento
la Chiesa o appartengo alla Chiesa?
Specie in questi tempi in cui si parla tanto male della Chiesa (per motivi anche validi),
io che faccio: mi associo al coro dei denigratori? Nella nostra piccola Chiesa, nella
comunità in cui il Signore ci ha chiamato a vivere, "gareggiamo nello stimarci a
vicenda" o "gareggiamo nel criticarci a vicenda"?